Quando gli viene un’idea, uno spunto, si ferma e lo butta giù dove gli capita, un taccuino, il bordo di una pagina di giornale, il retro di un biglietto da visita. Poi a casa riordina gli appunti ancora caldi. Nascono così le poesie, i racconti, le canzoni di Attilio Rossi, scrittore e poeta di Carmagnola, recente vincitore del Premio Cesare Pavese per le opere inedite, sezione narrativa, con “Arlongh a la bialera”. La sua è la storia di un uomo che si è fatto da sé, con determinazione, impegno e coraggio. Comincia giovanissimo a lavorare come muratore con il padre, la voglia di migliorarsi lo porta a frequentare le scuole serali di addestramento all’industria, come si chiamavano allora. Assunto alla Fiat di Carmagnola (la Teksid) come disegnatore meccanico, continua a studiare di sera e prende il diploma da geometra. Ma per uno che guarda sempre avanti non può bastare, così si iscrive a Ingegneria civile, studia, dà esami, poco alla volta. L’ultimo nel 1990, tanto tempo fa, ma non si scoraggia, gliene mancano soltanto quattro per laurearsi, è deciso a riprendere i libri in mano per finire. Dice che non ha nessun problema a studiare, anche oggi che ha 67 anni. «Chi scrive poesie e racconti non è più bravo degli altri ma ha sempre voglia di migliorarsi – spiega – mi viene normale ampliare le mie conoscenze».
Dopo essere andato in pensione, Attilio Rossi ha aiutato la moglie nel negozio di tabaccheria. Il 30 giugno scorso marito e moglie hanno ceduto l’attività, ora gli resta molto tempo per dedicarsi alle sue passioni. Quella letteraria è molto impegnativa: negli ultimi cinque anni ha partecipato a un centinaio di concorsi, nel 2008 ha vinto 41 premi classificandosi tra i primi tre. Una vita piena la sua: fisico da atleta, in gioventù ha giocato a calcio e a bocce e ha corso i 1500 metri nella squadra di atletica Fiat, ha fatto il giornalista dirigendo tra l’altro il giornale degli Alpini di Trofarello, ha fondato nel 1962 il Torino Club di Carmagnola. Ma la penna è la sua passione principale. Da vent’anni scrive anche canzoni, 23 testi in tutto. Ricorda “Il diario di Laura”, cantata da José Feliciano, che non hai mai conosciuto e che vorrebbe conoscere, “Mi piace la notte”, scritta per il concorso Tenco l’anno in cui vinse Cammariere, testo cantato al Sanremo Giovani e al Giro Festival di Taormina. Dice che il più bel complimento come paroliere glielo ha fatto Mogol: «Ha letto le mie poesie e mi ha detto che sono testi di canzoni, mi ha invitato ad andare a incidere a casa sua». Tra i suoi lavori anche alcuni racconti brevi, di cui uno pubblicato nel libro “La luna e la collina”, una poesia sul Toro con cui ha vinto un concorso a Vigone, e novelle. Un romanzo gli manca, non lo ha mai scritto per mancanza di tempo ma non è detto che non lo scriverà: «Mi piacerebbe, un romanzo non lungo. Deve essere come un bicchiere di vino buono, da bere senza pause». Il suo è un linguaggio semplice: «Sento di dover trasmettere idee ed emozioni nel linguaggio della gente». Scrive molto in dialetto, ma non solo. «Mi identifico nel Piemonte, nelle sue tradizioni». Attilio Rossi ha ricevuto attestati da Camillo Brero ma dice di dovere molto a Nino Bertalmia, poeta dialettale che abitava vicino a casa sua e che lo ha incoraggiato. «E’ morto dieci anni fa, sta nascendo l’idea di dedicargli un premio letterario nel centenario della nascita». Tra le sue poesie gli piace ricordare “Azzurro senza frontiere” dedicata ai soldati italiani morti a Nassirija, con cui ha partecipato a un concorso a La Spezia. «Il livello delle altre era superiore, ma la mia è stata quella che ha fatto più presa sul pubblico». E anche “Ci sarà un giorno”, un arrivederci a Carlo Sandri, ex barbiere ma soprattutto collante di molte iniziative di Carmagnola, morto nel marzo scorso. Attilio Rossi ha così tanti programmi per il futuro che sembra che il futuro non gli debba concedere limiti. «Vorrei pubblicare un libro di poesie in italiano e piemontese, perché il nostro modo di pensare è legato a una lingua, sono due anime diverse che scrivono o due sfaccettature della stessa anima». E poi ancora un’altra idea: «Una serie di racconti legati al territorio, personaggi, aneddoti di Carmagnola». A un poeta dialettale la domanda è d’obbligo: che cosa ne pensa del dialetto insegnato a scuola? «Se serve per non far perdere le radici mi sta bene, se è per diversificare gli studenti no».
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